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Mar, Ott

In un mondo in costante trasformazione, dove le frontiere tra l'umano e l'artificiale diventano sempre più sottili, è un imperativo diventare capaci di abbracciare con tutte le nostre forze l'innovazione e la creatività. Tuttavia, la realtà spesso contrasta con questa necessità impellente e persino con il talento particolare di Don Giacomo Alberione, che non si è mai fermato di fronte alle difficoltà e ha avuto sempre il coraggio di guardare oltre. In mezzo ai rapidi sviluppi dell'intelligenza artificiale e della tecnologia in generale, è cruciale riconoscere che non possiamo accontentarci di essere semplicemente vigili del fuoco, reagendo solo alle urgenze che si presentano davanti a noi.

La mancanza di audacia e creatività nel modus operandi è tangibile, perché è difficile conciliare la comodità della tradizione e il fastidio della innovazione che ci porta fuori della zona de tranquillità. Mentre il mondo si reinventa ad ogni istante, adattandosi ai nuovi paradigmi e alle sfide, spesso ci troviamo stagnanti, intrappolati in metodi obsoleti e "dogmi" inflessibili. Questa inerzia è preoccupante, perché denota una disconnessione con la realtà contemporanea e una resistenza al cambiamento così necessario per la rilevanza e l'efficacia dei nostri Progetti Apostolici.

Don Alberione certamente non intendeva che la sua Famiglia Religiosa diventasse un reperto del passato, una mera traccia di un'epoca luminosa. Al contrario, ci ha chiamati a essere all'avanguardia del nostro tempo, ad abbracciare le sfide e le opportunità che si presentano ad ogni momento. Tuttavia, sembra che stiamo dimenticando il nucleo del suo messaggio, adagiandoci sulla comodità del conosciuto a scapito dell'audacia del nuovo. Potremmo anche quasi dire che quando optiamo sulla comodità delle riflessioni, come il presente testo, tutti corriamo il rischio di essere solo buoni editori, ma pessimi agenti di trasformazione. È facile sedersi, scrivere e poi generare un po' di risonanza e forse alcune riflessioni, ma è difficile alzarsi dalla sedia e fare qualcosa di veramente concreto che non valga solo per il 2024, ma che sia una forte spinta per i prossimi 20 o 50 anni.

Un'istituzione che cambia ogni quattro o sei anni ci dice che il suo modo di agire è legato alle persone e la storia ci insegna che le imprese legate alle persone tendono a durare finché durano queste persone. Un piano istituzionale non può dipendere da persone specifiche né avere una scadenza limitata nel tempo, è il tempo nella sua dinamica che deve dirci quale sia il termine da rispettare. È molto ingenuo pensare che ogni 4 anni stiamo rispondendo alla società attuale semplicemente perché abbiamo aggiornato le nostre regole interne, o un paio di documenti ed è ancor più ingenuo pensare che la società ci stia aspettando mentre concludiamo i nostri Capitoli, le nostre riunioni, pianificazioni ecc.

A questo punto è d’obbligo domandarci: Mentre il mondo avanza verso un futuro permeato di intelligenza artificiale, connettività istantanea e complessità etiche senza precedenti, è il caso di rimanere statici, come osservatori passivi di un'era che abbiamo smesso di comprendere e influenzare? La risposta è semplicemente ovvia: Non possiamo accontentarci di essere solo spettatori della nostra storia stessa, relegati al ruolo di reagire solo quando il fuoco consuma già le fondamenta della nostra rilevanza e della stessa nostra missione specifica come apostoli della comunicazione.

È tempo di risvegliarci e far nostra la realtà urgente che ci circonda. La nostra vocazione non è come quella dei vigili del fuoco che reagiscono solo di fronte alle fiamme. Se aspettiamo che il fuoco dei problemi si spenga prima di cominciare a pianificare qualcosa di nuovo, non faremo mai passi avanti e rischieremo ancora di lasciare che il fuoco divori tutto ciò che di buono abbiamo ancora.

È difficile sostenere l'idea che siamo in pochi, perché don Alberione ha iniziato con molto meno personale e ancora meno risorse finanziarie. Sarebbe più onesto accettare che oggi sono davvero pochi coloro che nutrono un ardente zelo missionario, simile a quello che consumava il nostro Beato fondatore.

Molto si è parlato del cambiamento di mentalità (Rm 12,2), ma l'odore che si può sentire nell'aria è che abbiamo solo cambiato il nostro vocabolario, modificato il modo di organizzare le nostre riunioni, spostato le persone da un posto all'altro... Ma ancora manca un cambiamento concreto che possa essere veramente percepito e vissuto. Questo è ciò che deve essere affrontato. Il fatto che siamo pochi in numero è una scusa molto debole. Dobbiamo essere i costruttori di un futuro che sfida la nostra immaginazione e ci chiama a superare modi di vedere e paure dei religiosi e delle religiose del tempo presente che siamo tutti noi.

Dobbiamo, quindi, recuperare lo sguardo e il coraggio di Don Giacomo Alberione, in modo che, al di là delle nostre fragilità e incoerenze, siamo capaci di reinventarci ad ogni passo, come comunità, non ognuno seguendo il proprio capriccio, affinché il nostro apostolato continui ad essere veramente rilevante e vibrante in questo mondo in continua metamorfosi. Forti del fatto che l'evangelizzazione deve essere a misura di Cristo non a misura delle nostre debolezze.

Agenda Paolina

08 Ottobre 2024

Feria (verde)
Gal 1,13-24; Sal 138; Lc 10,38-42

08 Ottobre 2024

* SSP: 1948 a Firenze (Italia) - 1997 a Buenos Aires, Riobamba (Argentina) • FSP: 1930 a Napoli (Italia).

08 Ottobre 2024SSP: Fr. Peter Scalise (2018) • FSP: Sr. Attilia Trevisani (1943) - Sr. Antonietta Bottiglieri (2012) - Sr. M. Rafaela Fornas Navarro (2016) - Sr. M. Imelda Volpe (2018) - Sr. M. Fatima Takeuchi (2020) • SJBP: Sr. Terezinha Lopes (1995) • IGS: D. Paolo Colonna (2011) - D. Lelio Pollastrini (2020) • IMSA: Rosa Auristela Alfaro Aplabaza (2021) • ISF: Domenico Nardis (1998).